Una distanza separa il muoversi alla stessa velocita' della Terra, dove le cose e le loro persone accadono ed il fare giardini. E' la stessa distanza che sta tra il guardare dal di qua di un vetro e l'andare oltre quel vetro. Per stare al di qua degnamente e' richiesta una distanza critica, che si impara con gli anni contro la propria sicurezza, per chi ce la fa. Ma c'e' chi ha rotto quel vetro ed e' passato oltre e per un po' si e' mosso a quella velocita'. Pero' averlo nel sangue e' tutta un'altra cosa e dopo un po' qualcosa riporta a casa. O meglio, dopo un po' ci si calma e si entra in un giardino.
Lo chiamo giardino perche' i Paradisi erano gli spazi circondati da mura nell'immenso deserto della Persia dove alberi da frutta crescevano: giardini. Il muro era alzato per impedire al deserto di cancellare l'operato del giardiniere. Difendersi non da nemici, ai quali quel muro faceva un baffo, ma dal deserto che via via entra e infido si fissa tra le piante ed il lavoro necessario a coltivarle, indebolendo l'incanto. Incanto necessario per vedere un giardino dalla sabbia.
L'incanto si annichilisce se la velocita' e' fuori scala per le proprie gambe ed i propri occhi. Cosi' nasce il giardino. Cosi' se e' vero che la distanza critica deve venire a galla con l'esperienza -unico antidoto all'inadeguatezza- e' pur vero che il coltivare il proprio Paradiso e' un sacrosanto omaggio all'incanto.
Incanto è una parola che mi è arrivata un giorno da un montacarichi, presa e a mia volta passata a un segui-persona in loggione. Non si trova poi così spesso in giro, che bello qui.
RispondiEliminaAltrove smette di piovere e intanto
le lettere piovute
per terra e per incanto
contente si impastano
continuamente.
Le crostate poi si mangiano..