Il progetto europeo Hybrid Parks si e' concluso. La relazione finale ha un mio scritto ad Epilogo. Buona lettura!
siamo sempre stati ibridi / epilogo .197
Il progetto europeo Hybrid Parks si e' concluso. La relazione finale ha un mio scritto ad Epilogo. Buona lettura!
Piantala / lezioni di giardinaggio .196
In Inghilterra, di solito,
quelli che hanno detto qualcosa di importante nella progettazione
dei giardini si sono formati in un vivaio o in una scuola di
orticultura oppure sono state libere mogli di ricchi mariti che
sperimentavano nei loro giardini, eccezion fatta per alcuni
architetti dal talento incredibile cresciuti in cantiere.
Un
college inglese di garden design non puo' quindi non percorrere le
due vie parallele dello studio teorico e di quello pratico, il solo
modo capace di insegnare quanto il fatto che le piante siano "materia
viva" apra al disegno prospettive non immaginabili altrimenti.
A
due mesi dall'inizio del college, mentre per un intero pomeriggio ero
impegnato a pacciamare un giardino, mi sono domandato piu' volte
perche' stessi facendo quello che stavo facendo sotto la pioggia di
novembre e per nulla volendo fare il giardiniere nella mia vita.
Provenivo da una facolta' di architettura e la Forma non aveva mai
avuto nulla a che vedere con il compost che stavo maneggiando, fatto
di materia organica di varia natura, che ci insegnavano a mettere
alla base delle piante appena potate facendo attenzione che la base
dello stelo non venisse coperta cosi' da evitare lo sviluppo di
funghi a causa dell'umidita'... cose belle, mi accorgevo... cose che
davano un senso di "racconto" al giardino e che, in
effetti, mi prendevano ogni giorno di piu' e vincevano la fatica di
trovarci un senso.
Scoprivo
l'ironia inglese di giocare con la materia viva e mutabile delle cose
grazie alla quale un giardino offre mille possibilita'
all'invenzione, ma non transige sul rispetto secolare delle dinamiche
naturali in un isola con pochissime risorse che devono durare a
lungo.
Ancora
piu' importante scoprivo un'ironia del disegno ovvero una prospettiva
insolita che si apriva al disegno come lo avevo conosciuto fino ad
allora ed era la capacita' di surfare che il disegno acquista nel
modularsi sulle variazioni del terreno oppure sui mutamenti climatici
e, perche' no, sulla poca memoria degli scoiattoli che ogni inverno
dimenticano dove hanno nascosto i semi di ippocastano e l'albero che
nasce non sospetto diventa il fulcro di un nuovo progetto. Il disegno
diventava inseparabile dalla pratica che il giardino insegnava, la
pratica conoscenza del funzionamento del suolo e delle piante.
"...
Dipingi quando pianti e quando lavori progetta...", siamo nel
'700 ed e' la riga piu' bella della lettera scritta al Duca di
Burlington dal poeta inglese Alexander Pope. Sta parlando di
un'educazione all'ascolto che la Natura dei luoghi richiede a noi che
in essa vogliamo metter piede o matita, in un chiasmo che tiene
insieme percezione estetica e sapere pratico per raggiungere il
dialogo piu' intimo con il luogo in cui il progetto vuole cominciare.
Se
non si conoscono i fondamenti di una lingua non si puo' parlare in
quella lingua ed il disegnare con elementi vivi come il suolo e le
piante e' una lingua che si impara in giardino.
Potrebbe andare come introduzione ad un corso di giardinaggio.
Piero .194
L'aureola e' luce ed e' fatta d'oro, come uno specchio non riflette lo spirito che è aria. Lo specchio trattiene il pavimento a mattonelle quadrate, in basso, attraversando l'aria di cui e' fatta la figura che nessuno specchio puo' trattenere.
La materia e lo spirito non si confondono, ma si confrontano per permettere qualcosa.
L'aureola è luce e la luce nell'affresco è fatta di foglie d'oro e può riflettere. Diventa specchio nel quale si riflette il pavimento passando attraverso l'aria di cui e' fatta la figura della madre -non rappresentata perche' non rappresentabile- restituita alla sua natura spirituale piu' autentica. La maternita' e' detta attraverso un infingimento che la rende dicibile, proprio perche' non e' direttamente la parola del tratto del pittore, ma e' qualcosa che accade dentro la pittura, quasi autonomamente.
Cosi', rendendo materiale l'aureola -quanto di piu' immateriale ed aerea- facendole riflettere ciò che è materiale, Piero rende alla materia spirituale la sua ineffabile trascendenza. Piero maestro di infingimento, Piero che vuole mostrare, vuole permettere, vuole dire l'ineffabile.
La materia del mezzo espressivo tenta il disperdersi nel dove cui appartiene ciò che lì si rappresenta. È la ricerca dell'ineffabilità in cui Piero perde l'aderenza alla terra. È la sua percezione di che cosa sta dipingendo e di come lo sta dipingendo che perde i confini e la sua mente si rarefà sempre più. È un attingimento, il suo, al Vero, da cui proviene la sua intuizione della forma. Questo è il suo ambito.
La materia in cui Piero si perde lo porta alla fedelta' piu' autentica rispetto alla verita' che attraverso quella materia egli vuole esprimere. La materia permette quel passaggio altrimenti impossibile. Permette. Ed e' un rapimento di breve durata, come l'intuizione da cui proveniva il fare.
Stavo andando in Umbria all'incontro riassuntivo dell'esperienza che la Regione Umbria ha fatto in seno al progetto Hybrid Parks. Borgo San Sepolcro e' li' vicino e li' vicino e' Monterchi dove c'e' la Madonna del Parto di Piero della Francesca.
La materia e lo spirito non si confondono, ma si confrontano per permettere qualcosa.
L'aureola è luce e la luce nell'affresco è fatta di foglie d'oro e può riflettere. Diventa specchio nel quale si riflette il pavimento passando attraverso l'aria di cui e' fatta la figura della madre -non rappresentata perche' non rappresentabile- restituita alla sua natura spirituale piu' autentica. La maternita' e' detta attraverso un infingimento che la rende dicibile, proprio perche' non e' direttamente la parola del tratto del pittore, ma e' qualcosa che accade dentro la pittura, quasi autonomamente.
Cosi', rendendo materiale l'aureola -quanto di piu' immateriale ed aerea- facendole riflettere ciò che è materiale, Piero rende alla materia spirituale la sua ineffabile trascendenza. Piero maestro di infingimento, Piero che vuole mostrare, vuole permettere, vuole dire l'ineffabile.
La materia del mezzo espressivo tenta il disperdersi nel dove cui appartiene ciò che lì si rappresenta. È la ricerca dell'ineffabilità in cui Piero perde l'aderenza alla terra. È la sua percezione di che cosa sta dipingendo e di come lo sta dipingendo che perde i confini e la sua mente si rarefà sempre più. È un attingimento, il suo, al Vero, da cui proviene la sua intuizione della forma. Questo è il suo ambito.
La materia in cui Piero si perde lo porta alla fedelta' piu' autentica rispetto alla verita' che attraverso quella materia egli vuole esprimere. La materia permette quel passaggio altrimenti impossibile. Permette. Ed e' un rapimento di breve durata, come l'intuizione da cui proveniva il fare.
Stavo andando in Umbria all'incontro riassuntivo dell'esperienza che la Regione Umbria ha fatto in seno al progetto Hybrid Parks. Borgo San Sepolcro e' li' vicino e li' vicino e' Monterchi dove c'e' la Madonna del Parto di Piero della Francesca.
le travail du peintre / questa sera .192
C'e' un momento di alcuni anni di massima poesia nella vita, i ventanni e poco piu'. Poi c'e' la sistemazione della propria casa intorno a tutte queste cose e quasi sfuma il tutto.
Si ascolta poi ancora "Le travail du peintre" di Poulenc dedicato a Braque e allora cerco una sua foto in Internet e la trovo. Sul letto, il volto di bimbo cui e' stato chiesto di fare una fotografia, solo piu' cristallo, il grande uccello dietro attraversa una grande tela in bianco e nero perche' la fotografia e' in bianco e nero.
Parlano di uomini raccolti, uomini-casa, con il loro demone senza paura. Mi ricordano tutto il percorso e la casa che si e' formata intorno: e' la condivisione senza oggetto ovvero la capacita' della condivisione.
Tante belle notizie questo pomeriggio: un ciclo di lezioni per l'anno prossimo e la pubblicazione di un testo. Non ero nato per i giardini ed ora e' il giardino a guidarmi, il bordo della tela non entra nella fotografia e l'uccello piega dove la giacca curva alla spalla, al collo, ai capelli.
Si ascolta poi ancora "Le travail du peintre" di Poulenc dedicato a Braque e allora cerco una sua foto in Internet e la trovo. Sul letto, il volto di bimbo cui e' stato chiesto di fare una fotografia, solo piu' cristallo, il grande uccello dietro attraversa una grande tela in bianco e nero perche' la fotografia e' in bianco e nero.
Parlano di uomini raccolti, uomini-casa, con il loro demone senza paura. Mi ricordano tutto il percorso e la casa che si e' formata intorno: e' la condivisione senza oggetto ovvero la capacita' della condivisione.
Tante belle notizie questo pomeriggio: un ciclo di lezioni per l'anno prossimo e la pubblicazione di un testo. Non ero nato per i giardini ed ora e' il giardino a guidarmi, il bordo della tela non entra nella fotografia e l'uccello piega dove la giacca curva alla spalla, al collo, ai capelli.
kaki .191
Dove era stato tagliato un paio di anni fa il kaki del mio vicino e' esploso in mille rami, incontrollabile, sempre piu' difficile da tagliare: il primo anno solo foglie, coloratissime rossoaranciogiallemarronvival'autunno, il secondo anno decine di frutti davanti alla finestra della mia cucina verdipoigiallipoirossivivasemprel'autunno.
Viva l'autunno .191
Dove era stato tagliato un paio di anni fa il caki del mio vicino e' esploso in mille rami, incontrollabile, sempre piu' difficile da tagliare: il primo anno solo foglie, coloratissime rossoaranciogiallemarronvival'autunno, il secondo anno decine di frutti davanti alla finestra della mia cucina verdipoigiallipoirossivival'autunno(ancora)... tomo!
5 amiche, oggi .190
In caduta libera da molto in alto
vedere le punte di neve
nelle nuvole e giù
dove comincia la Terra
sentire l'aria entrare allentare il corpo che
già sta attraversando la Terra
come una corrente
identico alla roccia
e la passa ed esce e sta
ferma ovunque
vedere le punte di neve
nelle nuvole e giù
dove comincia la Terra
sentire l'aria entrare allentare il corpo che
già sta attraversando la Terra
come una corrente
identico alla roccia
e la passa ed esce e sta
ferma ovunque
certo .189
Certo che fa male, bella forza... era il ciliegio giapponese del convento di Sant'Antonio in Polesine a Ferrara. Capolavoro di grappoli rosa che pendevano a primavera... "Ma e' gia' in fiore?!" ... "L'anno scorso era gia' in fiore!" ... "Questannohafioripiu'bellichemai!" hhhhhh (ripresa del respiro).
Ma il fungo che se l'e' magnato per benino e' stato superfelice... anzi continua ad esserlo visto che e' ancora' li' sotto la corteccia. Che profumo il legno marcio. Se e' un Prunus, come il ciliegio e', poi, il profumo dolce si fa ancora piu' dolce, un po' affumicato.
Il fatto e' che quel fungo ha visto bene dove entrare, proprio li' dove uno sfalcio d'erba un po' ignorante era andato troppo vicino da perdere il controllo e tagliare la tenera corteccia del giovane albero, qualche decennio fa, intaccando l'isolamento tra interno ed esterno dell'albero.
Direte: "Beh, se dura qualche decina d'anni puo' andare bene anche con un taglio alla base del tronco, inutile investire sul tempo necessario per insegnare un attento sfalcio dell'erba intorno agli alberi.". Cortesia vorrebbe che lo si chiedesse prima all'albero, pero' a parte chiederlo all'albero che a volte e' complicato, direi che il far male un lavoro non e' mai, per noi, dignitoso.
Come pure non e' mai dignitoso, per un albero, restare anni fermo immobile, congelato nel tempo del suo essere supermorto, a farsi ricordare "Come era bello...". Preferisce forse diventare nutrimento per vermetti ed insetti vari o funghi, come il nostro amico. E poi un albero non e' mai morto visto che l'acqua ed i sali minerali passano attraverso cellule morte dalle radici alle foglie proprio mentre e' piu' in vita. E' come la Vita che non e' viva o morta, bensi' semplicemente e'.
Se proprio volessimo seguire il top del giardinaggio che vede come banca di biodiversita' ogni albero senza flusso di linfa, il ciliegio giapponese avrebbe potuto restare li', ma questioni di sicurezza ed economia di spazi certo lo considererebbero un eccesso di zelo... nei boschi funziona meglio quel discorso. (Eppur si muove...)
Dunque, che cosa si impara da questi tronchi tagliati che certo fanno male? Il rispetto dell'albero dall'inizio alla fine.
Una cura di pochi minuti iniziali ne assicura una vita longeva, insieme ad un'attenta cura del tronco alla sua base, insieme ad un'attenta consapevolezza che una volta morto alcuni insetti si nutrono di quel decadimento, altri insetti impollinano altre piante, gli uccelli se li pappano e tutto gira nel verso giusto.
Viva dunque il ciliegio di Sant'Antonio in Polesine. Quale? Quello giovane, piantato due anni fa li' accanto!
Certo che fa male.
Ma il fungo che se l'e' magnato per benino e' stato superfelice... anzi continua ad esserlo visto che e' ancora' li' sotto la corteccia. Che profumo il legno marcio. Se e' un Prunus, come il ciliegio e', poi, il profumo dolce si fa ancora piu' dolce, un po' affumicato.
Il fatto e' che quel fungo ha visto bene dove entrare, proprio li' dove uno sfalcio d'erba un po' ignorante era andato troppo vicino da perdere il controllo e tagliare la tenera corteccia del giovane albero, qualche decennio fa, intaccando l'isolamento tra interno ed esterno dell'albero.
Direte: "Beh, se dura qualche decina d'anni puo' andare bene anche con un taglio alla base del tronco, inutile investire sul tempo necessario per insegnare un attento sfalcio dell'erba intorno agli alberi.". Cortesia vorrebbe che lo si chiedesse prima all'albero, pero' a parte chiederlo all'albero che a volte e' complicato, direi che il far male un lavoro non e' mai, per noi, dignitoso.
Come pure non e' mai dignitoso, per un albero, restare anni fermo immobile, congelato nel tempo del suo essere supermorto, a farsi ricordare "Come era bello...". Preferisce forse diventare nutrimento per vermetti ed insetti vari o funghi, come il nostro amico. E poi un albero non e' mai morto visto che l'acqua ed i sali minerali passano attraverso cellule morte dalle radici alle foglie proprio mentre e' piu' in vita. E' come la Vita che non e' viva o morta, bensi' semplicemente e'.
Se proprio volessimo seguire il top del giardinaggio che vede come banca di biodiversita' ogni albero senza flusso di linfa, il ciliegio giapponese avrebbe potuto restare li', ma questioni di sicurezza ed economia di spazi certo lo considererebbero un eccesso di zelo... nei boschi funziona meglio quel discorso. (Eppur si muove...)
Dunque, che cosa si impara da questi tronchi tagliati che certo fanno male? Il rispetto dell'albero dall'inizio alla fine.
Una cura di pochi minuti iniziali ne assicura una vita longeva, insieme ad un'attenta cura del tronco alla sua base, insieme ad un'attenta consapevolezza che una volta morto alcuni insetti si nutrono di quel decadimento, altri insetti impollinano altre piante, gli uccelli se li pappano e tutto gira nel verso giusto.
Viva dunque il ciliegio di Sant'Antonio in Polesine. Quale? Quello giovane, piantato due anni fa li' accanto!
Certo che fa male.
Hybrid Parks e i suoi giganti .188
Il progetto Hybrid Parks e' terminato con la conferenza finale di Colonia. Un'armata Brancaleone europea ad un tavolo per parlare di come i parchi siano strumenti per lo sviluppo sostenibile delle citta'.
Proprio in questi giorni il mio professore di urbanistica Bernardo Secchi e' morto.
Le fasce aperte e ancora libere dalle costruzioni che attraversano l'area a nord del Reno e' ora un parco di chilometri che tiene insieme diverse comunita'... cosi' simile al sogno che sostava sulle mappe di carta studiate alla scala 1:5.000 di piccoli paesi e cittadine del Veneto da portare all'esame in Luglio, dai tanto lo spritz non lo bevi che sei astemio, pero' porto le pastine, quando la carta da lucido si attacca-nel-caldo-umido-di-una-Venezia-amatodiata(amata).
Un'abitudine alla lettura dello spazio in cui viviamo che, attraverso l'architettura, l'urbanistica, la fotografia, l'arboricoltura ed infine il garden design e', in questi giorni e per ragioni note ed ignote, approdata a parlare di parchi e di citta' migliori, lungo le rive del Reno, da dove lo spirito del mio maestro ha preso il largo per andare piu' a Nord. Grazie.
Ho visto le saghe nordiche di regine crudeli che non ci appartengono e che sorridono quando sorridi loro, approdare su un altra riva del fiume dove il castello del museo della cioccolata Lindt mi ha colto trionfante contro i cento giganti che mi sfidavano... perche', come tutti sanno, chi vince se stesso...
Pero', questa mattina, nel mio frigo c'erano quattro pacchetti di cioccolata fondente+marzapane+scorze di arancia... Non so come ci siano arrivati. Les ge'ants arme's d'amour ti aspettano al supermercato dell'aeroporto quando l'indulgenza per te che lasci la terra e' fatta di cioccolata.
Proprio in questi giorni il mio professore di urbanistica Bernardo Secchi e' morto.
Le fasce aperte e ancora libere dalle costruzioni che attraversano l'area a nord del Reno e' ora un parco di chilometri che tiene insieme diverse comunita'... cosi' simile al sogno che sostava sulle mappe di carta studiate alla scala 1:5.000 di piccoli paesi e cittadine del Veneto da portare all'esame in Luglio, dai tanto lo spritz non lo bevi che sei astemio, pero' porto le pastine, quando la carta da lucido si attacca-nel-caldo-umido-di-una-Venezia-amatodiata(amata).
Un'abitudine alla lettura dello spazio in cui viviamo che, attraverso l'architettura, l'urbanistica, la fotografia, l'arboricoltura ed infine il garden design e', in questi giorni e per ragioni note ed ignote, approdata a parlare di parchi e di citta' migliori, lungo le rive del Reno, da dove lo spirito del mio maestro ha preso il largo per andare piu' a Nord. Grazie.
Ho visto le saghe nordiche di regine crudeli che non ci appartengono e che sorridono quando sorridi loro, approdare su un altra riva del fiume dove il castello del museo della cioccolata Lindt mi ha colto trionfante contro i cento giganti che mi sfidavano... perche', come tutti sanno, chi vince se stesso...
Pero', questa mattina, nel mio frigo c'erano quattro pacchetti di cioccolata fondente+marzapane+scorze di arancia... Non so come ci siano arrivati. Les ge'ants arme's d'amour ti aspettano al supermercato dell'aeroporto quando l'indulgenza per te che lasci la terra e' fatta di cioccolata.
siamo sempre stati ibridi .187
(Please go to the English version)
Epilogo della Relazione Finale del progetto europeo Hybrid Parks.
Testo scritto in occasione della conferenza conclusiva del progetto Hybrid Parks, Colonia 14, 15, 16 Settembre 2014
Epilogo della Relazione Finale del progetto europeo Hybrid Parks.
Testo scritto in occasione della conferenza conclusiva del progetto Hybrid Parks, Colonia 14, 15, 16 Settembre 2014
In questi due
anni il progetto Hybrid Parks ha cercato quale possa essere la forma di gestione piu' consona per i
parchi pubblici di un territorio vasto tanto quanto, piu' o meno,
l'Europa. Un progetto ambizioso cominciato con la fiducia di chi si
incammina per una via ignota; progetto che si chiude, in questi
giorni, con la stessa fiducia, ma con il pudore di chi scopre che davanti si e' aperta una strada ancora
piu' ignota.
Ovvero
nessuno di noi, a questo punto, riuscirebbe ad avere anche solo per
un istante la presunzione di credere che possa esistere un modello
per quel Parco Ibrido che si era messo a cercare.
E
proprio questo e' il successo dell'intero progetto: aver privato di
seduzione ogni tentazione alla semplificazione ed aver mostrato
quanto piu' interessante sia la complessita' del territorio europeo.
Se
il problema da affrontare e' la questione ecologica, allora e'
facile.
Abbiamo
tutte le conoscenze per creare spazi verdi adeguati al fenomeno del
lento e progressivo impoverimento della diversita' climatica con
tendenza all'innalzamento delle temperature ed alla scarsita'
d'acqua.
Tecnicamente
e' facile. Si tratta di porre l'attenzione sulla sostenibilita' delle
scelte vegetali da unire ad un tipo di progettazione che impari ad
imitare le comunita' vegetali spontanee in natura, creando cosi'
comunita' vegetali semi-autosufficienti. Piante resistenti e durature
entro una progettazione che diventi mimetica dei paesaggi naturali
cosi' che il dinamismo delle comunita' vegetali entri nel paesaggio
delle nostre citta'.
Le
corolle dei fiori secchi per gli insetti e gli uccelli, da potare
solo in inverno, con un notevole contenimento delle spese, porteranno
dentro le citta' una bellezza cui le citta' non sono piu' abituate,
un'estetica nuova, in cui l'intero arco della vita delle piante puo'
finalmente esprimersi.
Sostenibilita'
delle specie vegetali, sostenibilita' della progettazione e
sostenibilita' della gestione.
Stiamo
parlando di una cultura degli spazi verdi che si apre ad una bellezza
cui non siamo abituati, una bellezza fatta di soluzioni formali
insolite.
E
qui la questione ecologica apre uno scenario che va oltre la sfera
estetica.
Mentre
scrivevo mi accorgevo che pensare a queste forme di progettazione
insolite capaci di seguire le piante nel loro sviluppo naturale, mi
suggeriva un altro pensiero che si muoveva in parallelo prendendo
forma a poco a poco. Mi accorgevo che il modo in cui stavo ragionando
sulle piante era in verita' un modo di guardare le cose cui forse non
ero piu' abituato. Mi accorgevo che dall'essere concentrato sulle
forme vegetali slittavo necessariamente sulle forme del sociale e che
il modo di guardare le piante diventava una sorta di suggerimento di
come avere gli occhi piu' aperti.
Forse
comprendere come funziona la biodiversita' vegetale porta vicino alla
comprensione della molteplicita' sociale delle nostre citta'.
Scopriamo
che quell'estetica nuova e' in grado di superare i confini
dell'ecologia e dirci qualcosa a proposito della capacita' dei nostri
parchi di diventare piu' adeguati al dinamismo del tessuto sociale
delle citta'; parchi in grado di permettere a quel dinamismo di
esprimersi senza impoverirsi.
Un'estetica
dell'ecologia che e' totalmente nuova semplicemente perche' solo da
poco tempo abbiamo imparato a fermare lo sguardo sui prati
abbandonati dietro casa dove le piante occupano lo spazio piu' adatto
a loro.
All'incontro
di Ferrara dello scorso Novembre, accennavo al rischio che il non
ascoltare l'urgenza ecologica nella progettazione degli spazi verdi
comporta: il rischio, ben oltre l'evidente questione ecologica, che
il paesaggio in cui viviamo non rappresenti piu' nulla per i suoi
abitanti e che le sue forme non generino alcun senso di condivisione.
Mi
domandavo dunque quale forma il nostro paesaggio dovesse avere?
Raccontavo
come nella prima meta' del XIV secolo, l'affresco dell'Allegoria
del Buon Governo dipinto
da Ambrogio Lorenzetti a Siena, avesse esemplificato la
rappresentazione paesaggistica piu' adatta alla contemporanea idea di
benessere, di coesione sociale, di Pace.
Hybrid
parks in questi due anni ha cercato di conoscere quale sia la
rappresentazione paesaggistica piu' adatta alla nostra idea di Pace.
Ed
alla fine del suo viaggio il progetto conosce il pudore di domandarsi
se cio' che e' necessario sia uno specifico paesaggio da comporre
mettendo insieme le esperienze migliori, una sorta di super-parco
“modello” di laboratorio o se invece non occorra pensare ad un
parco privo di una forma predefinita, un parco da ripensare ogni
volta, ogni volta capace di adattare le sue forme, ogni volta attento
a cio' che accade intorno e dentro di se'.
La
Pace contemporanea, come e' divenuto ormai evidente ovunque nel
mondo, dimora nel modo in cui noi riusciamo a gestire insieme
l'integrita' ecologica e la coesione sociale.
La
coesione sociale di un territorio puo' formarsi solo nella
condivisione dei valori comuni che si formano intorno ai bisogni
fondamentali della vita, bisogni che sono l'espressione piu' diretta
della nostra relazione con l'ambiente.
Sostenibilita'
e Pace sono identici.
Lo
spazio pubblico e' il luogo in assoluto piu' atto a permettere il
formarsi ed il mantenersi della coesione urbana perche' e' li' che la
condivisione puo' esprimersi nelle sue molteplici forme,
potenziandosi senza impoverirsi.
La
molteplicita' delle forme in cui la condivisione sociale si manifesta
diventa per noi strumento progettuale.
Se
a livello tecnico, come abbiamo visto, la differenziazione nella
gestione del verde garantisce la qualita' della biodiversita' di un
ambiente naturale, a livello sociale occorre essere in grado di
rispondere ai diversi bisogni di chi usera' e condividera' gli spazi
pubblici ovvero occorre percorrere la via della differenziazione
delle opportunita' d'uso
di tali spazi.
Dalle
piante siamo passati alle persone perche' l'ecologia e la societa'
condividono lo stesso destino, entrambe possono funzionare soltanto
come sistemi
unitari.
Creare
spazi pubblici differenziati e' possibile solo se si attinge
alla molteplicita' degli strumenti di gestione capaci di soddisfare
tali molteplici bisogni. Ecco dove emerge lo spirito del progetto
Hybrid Parks, le sinergie tra i mestieri, le agenzie, i tecnici.
Ibrido
e biodiverso vediamo dunque quanto siano sinonimi. Uno stesso spirito
li anima e insegna a resistere ad ogni seduzione della
specializzazione dello sguardo. Lo sguardo deve mantenere il suo volo
d'uccello sulle differenze, deve mantenersi capace di cogliere le
diversita' delle cose vedendole come un insieme unitario senza
riduzione ed impoverimento alcuno.
Se
immaginiamo di guardare dall'alto una citta' -dicevo ancora a
Ferrara- con la fortuna di vedere come vedono gli uccelli, l'insieme
frammentario dei suoi giardini si rivela come un unico giardino. Gli
uccelli non si curano dei muri divisori tra giardino e giardino, di
quale pianta sia in un giardino o in un altro... per loro il volo e'
un volo sopra un giardino
grande quanto la citta'.
La ricchezza della biodiversita' di questo giardino unitario e' data
semplicemente dalla varieta' casuale dei piccoli e grandi habitat che
lo compongono, non dalla presenza di super-giardini modello
specializzati in biodiversita'.
Hybrid
Parks dunque non e' arrivato ad un modello formale, ma un modo di
guardare capace di mantenere
uno sguardo d'uccello sull'insieme unitario delle esigenze materiali
e spirituali di ognuno di noi.
Il
fatto e' che occorre togliere un po' di muffa dalla nostra
immaginazione, almeno questo e' cio' che alcuni eventi mi hanno
insegnato a fare.
Credo
che essere italiano aiutati a comprendere qualcosa che le altre
societa' piu' ordinate e precise fanno piu' fatica a riconoscere di
se' o non ricordano piu'.
Quest'estate
sono stato in viaggio in Sicilia. Sono arrivato con l'aereo a
Palermo. E' stata la prima citta' visitata. Un capolavoro!
Visitare
Palermo e' come andare dallo psicologo: piu' cammini piu' ti sembra
di essere portato via da cio' che conosci meglio ma, allo stesso
tempo, hai la sensazione di rientrare a casa tua con una chiarezza
mai avuta prima.
Camminando
per la Palermo antica, si impara lentamente ad accogliere il caos
delle sue strade e delle facciate delle sue case e alla fine della
giornata cio' che ha inegli occhi, in un misto di realta' e
trasfigurazione, e' un insieme unitario di ricchezza formale
diventata una sorta di sensazione di appartenenza.
Cio'
che il giorno del mio arrivo chiamavo caos, gia' il giorno dopo,
prendeva il nome di molteplicita' e la citta' mi appariva come un
palinsesto. Palermo e' un foglio di pergamena sul quale e' leggibile
un testo che e' stato scritto sopra un testo preesistente, scritto
secoli prima e grattato via per permettere al nuovo testo di fissarsi
sulla pelle di capra, senza che pero' le sue tracce si siano perse
completamente. Gli scritti rimangono nella trasparenza del foglio ed
arrivano a noi.
A
Palermo ci si accorge della somiglianza esistente tra la nostra vita
e quel palinsesto dove piu' segni sono lasciati sulla superficie,
tutti ricchi di significato. Al presente questi segni appaiono
confusi, tutti nel proprio spazio, tutti con un proprio frammento di
senso, tutti compresenti e pronti a dirci qualcosa. Basta avere la
pazienza di leggerli.
E
forse noi che abbiamo cominciato a notare la bellezza dei prati
incolti dietro casa, stiamo diventando piu' capaci di questa
pazienza.
La
natura e' questo, le citta' sono questo, noi siamo questo.
Da
sempre le citta' sono durate sull'attenzione alle preesistenze. Le
civilta' piu' ricche e longeve hanno gestito la molteplicita'. In
Sicilia i Normanni l'hnno fatto con i Saraceni e prima i Saraceni con
i discendenti dei Greci. Negare la complessita' significava morire,
accoglierla significava prosperare.
Siamo
sempre stati ibridi.
Occorre
rieducare lo sguardo all'abitudine alla complessità. Deve
riapprendere ad essere ibrido; solo allora sara' in grado di vedere
quanto ibrido e' lo spazio intorno a se' ed in grado di progettarlo
in modo davvero adeguato ai bisogni materiali e spirituali di chi lo
abita contro la tentazione di ridurre cio' che riteniamo importante
nella fissita' di una forma che abbia la presunzione di esemplarita'.
Un
paesaggio palinsesto capace anche di perdere per strada alcune cose
perche', come l'esperienza dimostra, cio' di cui si ha bisogno si
verifica spesso anche fuori della progettazione.
Allora
non esiste un parco ibrido modello, un parco ibrido per eccellenza.
Esistono esigenze ecologiche e sociali da coniugare nella
specificita' delle condizioni in cui si presentano affinche' la forma
che nasce sia la loro piu' consona rappresentazione.
Forse
il parco ibrido e' quello che permette a tali usi di potersi
sedimentare sui tracciati urbani, un parco che prende senso proprio
come opportunita' formale di una sedimentazione d'uso, un parco in
grado di restituire gli spazi delle città ai bisogni che la' si
manifestano.
Questo
parco che accoglie ed incrementa la molteplicita' d'uso, attraverso
un'interna differenziazione delle sue forme, diventa strumento di
coesione sociale. Le diversita' sociali trovano il posto piu' adatto
a loro perche' quel parco le rispecchia come se fosse la forma di
un'abitudine d'uso. Li' i valori comuni si esprimono.
Mi
piace pensare che il nostro parco ibrido sia rintracciabile nella
diversita' da ogni parco esistente e, insieme, nella somiglianza a
tutti i parchi esistenti in un'Europa che sappiamo essere non piu'
complessa di quello che nel XIV secolo appariva Siena agli occhi di
un suo abitante.
welcome .186
Due giorni fa ho sentito uno sbattere, forse di ali, un po' felpato, che veniva dalla finestra della camera da letto. Questa mattina ho visto i resti lasciati da un pipistrello. Finalmente ho un pipistrello anche in questa finestra.
Da 15 anni vivo in una casa condividendo lo spazio che sta tra la persiana e il muro della finestra del bagno con un pipistrello, sempre lo stesso?... dubito, anche se non posso dire con certezza il contrario e forse e' il figlio diventato adulto che da due giorni ha scelto di affittare la finestra della camera. Affittare?... Affittare.
Vedremo se si trovera' a proprio agio.
I pipistrelli sono protetti, tranne che dal mio gatto che si lanciava nel vuoto e non li pigliava... pero' a volte ce ne portava uno... io lo liberavo e il gatto li' come un allocco. Sono protetti e se in un albero c'e' un buco, in quell'incavo marcescente creatosi alla base di un ramo caduto da tempo, l'albero diventa sacro. Ed il sacro si misura con unita' di misura profane, in una delle piu' felici convivenze, esprimendosi in alcune migliaia di sterline di multa per chi abbatte un albero in cui ci sia un nido di pipistrello.
La mia persiana e' di legno e nel legno scheggiato dalle intemperie il pipistrello trova appiglio... vola e con una capriola si mette a testa in giu' e si addormenta.
Da 15 anni vivo in una casa condividendo lo spazio che sta tra la persiana e il muro della finestra del bagno con un pipistrello, sempre lo stesso?... dubito, anche se non posso dire con certezza il contrario e forse e' il figlio diventato adulto che da due giorni ha scelto di affittare la finestra della camera. Affittare?... Affittare.
Vedremo se si trovera' a proprio agio.
I pipistrelli sono protetti, tranne che dal mio gatto che si lanciava nel vuoto e non li pigliava... pero' a volte ce ne portava uno... io lo liberavo e il gatto li' come un allocco. Sono protetti e se in un albero c'e' un buco, in quell'incavo marcescente creatosi alla base di un ramo caduto da tempo, l'albero diventa sacro. Ed il sacro si misura con unita' di misura profane, in una delle piu' felici convivenze, esprimendosi in alcune migliaia di sterline di multa per chi abbatte un albero in cui ci sia un nido di pipistrello.
La mia persiana e' di legno e nel legno scheggiato dalle intemperie il pipistrello trova appiglio... vola e con una capriola si mette a testa in giu' e si addormenta.
i conigli e la bicicletta . 185
Leggo una pagina di Roger Deakin dal suo Notes from Walnut Tree Farm... Sta andando in bicicletta ed immediatamente sono in bicicletta anch'io nel parco di Wimbledon dove la macchina del ranger mi ferma perche' sto andando dove non si puo'... Sapevo solo che sui campi da golf non si va in bicicletta.
Era il terzo anno, con precisione la fine del mio soggiorno e dopo mille corse tra i campi da golf e i faggi credo potesse starci uno stop. Se tutti lo facessero... Gia'... Ma non tutti lo fanno e, seppure il ragionamento e' sbagliato, credo che valga l'emozione provata nel vedere i coniglietti rientrare nelle loro tane qui e la', la bici in pendio, al tramonto.
Mai farlo comunque dopo la pioggia perche' il terreno viene compattato dal peso delle ruote (... il peso della bicicletta?! Dai...) Detto cio', dopo la pioggia e' piu' bello, l'aria e' fresca, la velocita' e' piu' stimolante nel prato che non tiene la rotta e i coniglietti sono nelle loro tane al riparo.
Questo semplicemente per dire che l'insolito che fa bene al cuore e' a volte fuorilegge, poco o tanto, a seconda.
Era il terzo anno, con precisione la fine del mio soggiorno e dopo mille corse tra i campi da golf e i faggi credo potesse starci uno stop. Se tutti lo facessero... Gia'... Ma non tutti lo fanno e, seppure il ragionamento e' sbagliato, credo che valga l'emozione provata nel vedere i coniglietti rientrare nelle loro tane qui e la', la bici in pendio, al tramonto.
Mai farlo comunque dopo la pioggia perche' il terreno viene compattato dal peso delle ruote (... il peso della bicicletta?! Dai...) Detto cio', dopo la pioggia e' piu' bello, l'aria e' fresca, la velocita' e' piu' stimolante nel prato che non tiene la rotta e i coniglietti sono nelle loro tane al riparo.
Questo semplicemente per dire che l'insolito che fa bene al cuore e' a volte fuorilegge, poco o tanto, a seconda.
arabi, normanni .184
Ritorniamo alle case
normanne abbandonate di Palermo dopo secoli, in rovina, ancora case abbandonate e non musei... per fortuna (lo dico sottovoce).
normanne abbandonate di Palermo dopo secoli, in rovina, ancora case abbandonate e non musei... per fortuna (lo dico sottovoce).
La civilta' qui diventa simile alla Vita che si studia in biologia: cio' che e' bene e cio' che non lo e' sembrano perdere di significato; troppo grande e' la difficoltà di trattenere i pezzi.
La mia amica Chiara mi dice che l'ironia nasce da questo nelle piu' belle persone che scelgono di tenere insieme citta' come Palermo, per le quali quel "... cio' che non lo e'..." e' "il male" e trattengono i pezzi. E' davvero troppo grande e queste persone sono davvero piu' grandi.
Boboli .181
Perche' di tutto Boboli proprio la limonaia?! Forse perche' i fiori dei limoni davanti ai vetri profumano la corte e dentro e' tutto bianco... forse perche' il bianco dato ai vetri a mascherare il sole basta per le piante, ma non per noi... forse perche' quelle rose diventano azzurre e gialle come il primo colore della porta e del muro ed il legno rosa compare da sotto a ridare alle rose il loro colore?
Come i piu' bei giardini rinascimentali italiani Boboli si tiene grazie all'architettura. Non potrebbe cominciare altrove dal teatro in cui la natura e la scultura diventano insieme la piu' esplicita delle rappresentazioni del potere. Qui bellezza e pace ed oltre il muro il mondo violento: fontane lungo gli assi visivi e concrezioni calcaree applicate ai muri di cinta... la natura trovata nelle grotte ruvida e grezza diviene qui piu' bella e ha la leggerezza d'invenzione dell'acqua che zampilla da forme lisce e lucide di marmo.
C'e' qualcosa a Boboli che mi colpisce. Una sorta di maturita' di intenti rispetto all'ostentazione del meraviglioso trovata nei due capolavori dei giardini rinascimentali, piu' o meno coevi, di Villa Lante e Villa d'Este. A Boboli tutto si tiene insieme ben distribuito nella vastita' e varieta' del territorio e l'architettura segue il paesaggio naturale piu' che disegnarlo, cosi' che il paesaggio non fa in tempo a diventare un lavoro d'oreficeria come fosse una saliera o un calamaio. La collina e' scavata lasciando ampio respiro al pendio, facendolo entrare nel palazzo con le sue forme fatte di terra. Certo mediate da un teatro di sedili di pietra, ma le forme sono fatte piu' di aria e di terra che di architettura. Ci si puo' immaginare il ben altro cesello di Villa Lante o Villa d'Este, dove il giardino e' una miniatura piu' che un dipinto.
Forse una maturita' di controllo spaziale nuova e propria di uno specifico luogo, Firenze, dove qualche tempo prima aveva operato Filippo Brunelleschi... Ricordo: "... Non gli importava nulla di come fare le modanature della lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore... cio' che aveva in testa era una spazialita' totalmente nuova...", cosi' il nostro professore di storia dell'architettura mentre raccontava la rivoluzione spaziale nella Firenze del '400. Uno spazio non piu' esiguo e serpeggiante, bensi' esploso, ampio e controllato dalla prospettiva, tenuto insieme pure nella infinita varieta' dei suoi accidenti e dunque proprio per questo lasciato disponibile ad un piu' ampio aperto. Che meraviglia pensare alle strette vie medievali cosi' simili a ruscelli in curva, in cui Brunelleschi camminava immaginando il mare... c'e' di che sentire la vertigine del vuoto.
Sicuramente le dimensioni generose di Boboli dettano una diffusione degli elementi architettonici e scultorei tale che ci si possa permettere il lusso della sobrieta'. La sobrieta' pero' forse e' la ragione guida. E cifra ancora di un'altra cosa che mi ha colpito.
La' dove non c'era piu' bisogno di rappresentarsi davanti ad un visitatore che si fosse inoltrato fin li', lungo il muro di confine a Sud, ecco una sequenza di cascatelle che da una quindicina di teste di mostri sgorga di bacino in bacino accompagnando il passo. Poste lungo una sorta di corrimano ci sono teste di animali marini di pietra con la lingua di piombo... alcune teste hanno ancora la lingua... una di queste e' graffiata dal metallo di uno strumento usato per rimuovere il muschio, un'altra e' stata piegata e ripiegata ed e' diventata fragile. Ancora li'. Lontano dallo sguardo dei visitatori, sul cammino lungo il muro di confine, alcuni mostri hanno ancora la lingua.
i pioppi e il fuoco .180
Quale dei due è il risotto agli asparagi con il Parmigiano Reggiano e quale il prato con i piumini dei pioppi?!
In forno e' bene non mettere i piumini, questa l'unica cosa importante. Un amico, un paio di settimane fa, si e' ricordato di me intorno ai 12 anni incendiare i piumini in un parchetto...
... Moi?!
Credo sia uno spettacolo affascinante vedere applicare la tecnica dell'incendio alle radure, una tecnica praticata periodicamente nei secoli per cominciare la nuova stagione e incrementare la qualita' del suolo. Un'onda attraversa il campo, guidata da gente esperta... ecco, proprio quello che non eravamo a 12 anni e la paura passata almeno una volta nel vedere quell'onda correre attraverso il prato (bello, fin qui) poi sotto le siepi e passando oltre arrivare sotto le macchine parcheggiate... per poi estinguersi sul marciapiede... credo abbia formato il concetto di previdenza nelle nostre teneri menti.
Ora non si puo' dar fuoco alle sterpaglie raccolte durante la potatura e la pulizia del giardino. E' un peccato, nei giorni di prima primavera o di tardo autunno, non sentire il profumo del legno dei rami o dell'erba secca che brucia; e' qualcosa di unico.
Il fuoco e il giardino mi fanno venire in mente un altro episodio. A Londra, una volta finito il College, mi ero informato per poter fare il giardiniere nel giardino della casa di Axel Munthe, si, proprio il medico del libro "La storia di San Michele". Un suo successore vive a Wimbledon nella splendida casa con giardino dal bel nome Southside House.
La casa viene visitata per una serie di cimeli e un'arredamento mai mutato nel corso del secolo ed e' stato proprio durante una visita che avevo visto il giardino. Dopo aver incontrato l'eccentrico successore ed essermi accordato per iniziare l'opera la settimana successiva, cio' che ho potuto fare e' stato, ahime', soltanto dare un aiuto nella pulizia del giardino dai vetri e dai legni caduti dal terzo piano durante un incendio divampato qualche giorno dopo quell'incontro.
Un concerto tenuto a casa ed ecco che divampa una fiamma. Nessun ferito, per fortuna. Mi sembrava di essere in un libro. Tutto accaduto cosi' in fretta, in pochi giorni dentro e fuori da una vicenda storica affascinante come quella del destino della famiglia Munthe.
Il giardino e' davvero bello. Domestico, raccolto, colto e con un piccolo frutteto che si scopre alla vista attraverso una porticina lungo una siepe e si svolge fino al bordo della proprieta' dove il terreno e' piu' altro del piano di campagna e non lascia vedere le altre case. Penso a quella parte del giardino quando immagino "Il giardino segreto" della Burnett.
inseparabili .177
E' stato il computer ad organizzarle cosi' e l'annaffiatoio e' capitato giusto all'estremo opposto della matita, angolo in alto a sinistra/angolo in basso a destra (i cappellacci di zucca invece sono vicini al Crataegus monogyna ed al tronco in decomposizione del giardino che diventera' il giardino giapponese. Ecco cosa posso mostrare ad un'amica illustratrice che mi ha chiesto un giorno come nasce un giardino.
come nasce un progetto .176
Oggi mi pare sia nato il progetto per il giardino del vivaio:
a) una matita con la coda azzurra trovata sotto la panca in un prato nella campagna entro le mura di Ferrara (il progetto e' nato comunque dalla matita che mi ero portato insieme al Pasticcio di maccheroni dolce per un pranzo domenicale e primaverile);
b) i prati incolti il cui pattern sembra facile, ma non e' (avevo studiato per bene i libri di Piet Oudolf, che altro non sono che una osservazione dei prati selvatici... sembra facile, ma non e');
c) il sole e l'ombra insieme;
d) un momento di chiarezza maggiore che si concentra in pochi centimetri quadrati in cui tutto sembra acconciamente accadere: le piante trovare la giusta disposizione e l'insieme tenere e funzionare come un vero prato di alcune migliaia di metri quadrati... Una vera soddisfazione.
Un pasticcio di disegno quasi illeggibile e' dunque il progetto. Poi si trasformano le foto con un programma di correzione e le si mettono insieme con Photoshop. Tutto questo in uno splendido pomeriggio di fine Marzo, con un caro amico con cui andare a mangiare fuori fra poco.
Oh mon empire d'homme!
a) una matita con la coda azzurra trovata sotto la panca in un prato nella campagna entro le mura di Ferrara (il progetto e' nato comunque dalla matita che mi ero portato insieme al Pasticcio di maccheroni dolce per un pranzo domenicale e primaverile);
b) i prati incolti il cui pattern sembra facile, ma non e' (avevo studiato per bene i libri di Piet Oudolf, che altro non sono che una osservazione dei prati selvatici... sembra facile, ma non e');
c) il sole e l'ombra insieme;
d) un momento di chiarezza maggiore che si concentra in pochi centimetri quadrati in cui tutto sembra acconciamente accadere: le piante trovare la giusta disposizione e l'insieme tenere e funzionare come un vero prato di alcune migliaia di metri quadrati... Una vera soddisfazione.
Un pasticcio di disegno quasi illeggibile e' dunque il progetto. Poi si trasformano le foto con un programma di correzione e le si mettono insieme con Photoshop. Tutto questo in uno splendido pomeriggio di fine Marzo, con un caro amico con cui andare a mangiare fuori fra poco.
Oh mon empire d'homme!
Tony Benn / look left .174
Ho scoperto oggi che due settimane fa e' morto Tony Benn. Era in Trafalgar Square a Londra, il 24 Febbraio 2007 ad una manifestazione pacifista: "Stai attento alla strada..." mi disse quando gli chiesi se potevo fotografarlo. Rinuncio' ad entrare alla Camera dei Pari (House of Lords) per stare alla Camera dei Comuni (House of Commons) innescando le condizioni per la nascita di una legge che avrebbe di li' a poco, era il 1963, permesso ai detentori del titolo ereditario di Lord di poter rifiutare l'entrata alla Camera dei Pari che automaticamente li escludeva dalla Camera dei Comuni. Si ripresento' alle elezioni e fu rieletto e, grazie a quella legge, pote' restare alla Camera dei Comuni. Cosi', un minuto di incontro, dal basamento del leone di bronzo alle sue spalle, al marciapiede oltre la strada. Ecco perche' mi disse di stare attento alla strada...
P.S.
... Do I miss photography? No. (liar)
cosi' come .173
... Essere come le pecchie e volare da un fiore all'altro... cosi' come la lingua Volgare che prende il meglio di ogni parlata... cosi' come le cose migliori... cosi' come il Bombus terrestris, il bumblebee Inglese che non appena si posa a terra sfinito dal proprio peso (!) rischia grosso se non gli si mette accanto un cucchiaio di acqua e zucchero.
Questo e' uno dei peschi del giardino di frutta al quartiere Barco di Ferrara piantato da me l'anno scorso. Un progetto che ha funzionato dal momento che accanto ad esso qualcuno ha piantato un fico... un po' troppo vicino. Ma cosa e' meglio: insegnare la distanza di rispetto tra gli alberi ad una persona che per pura gioia ha piantato un albero imitando il corso degli eventi e ripiantargliela un po' piu' in la' o lasciare che come la lingua e le pecchie le cose seguano la via dell'uso migliore, quello dello scambio tra le persone in un passaggio di incanto che appena dopo il primo anno di vita ha dato senso all'intero progetto del Barco e che vede in questo fico piantato spontaneamente il fiorire di tutti gli altri alberi? Ahime' il fico coprira' il pesco, gli fara' ombra... l'ombra piu' fresca di tutto il giardino.
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Ecological Planting Design
Ecological Planting Design
What do these words mean? Some principles of ecological planting design. (from the book: "A New Naturalism" by C. Heatherington, J. Sargeant, Packard Publishing, Chichester)
Real structural plants marked down into the Planting Plan. The other plants put randomly into the matrix: No. of plants per msq of the grid, randomly intermingling (even tall plants). Succession through the year.
Complete perennial weed control.
High planting density. Close planting allows the plants to quickly form a covering to shade out weeds.
Use perennials and grasses creating planting specifications that can be placed almost randomly.
Matrix: layers (successional planting for seasonal interest) of vegetation that make up un intermingling (random-scattering) planting scheme: below the surface, the mat forming plants happy in semi-shade, and the layer of sun-loving perennials.
Plants are placed completely randomly: planting individual plants, groups of two, or grouping plants to give the impression of their having dispersed naturally. Even more with the use of individual emergent plants (singletons) that do not self-seed, dispersed through the planting.
An intricate matrix of small plants underscores simple combinations of larger perennials placed randomly in twos or threes giving the illusion of having seeded from a larger group.
The dispersion effect is maintained and enhanced by the natural rhythm of the grasses that give consistency to the design. They flow round the garden while the taller perennials form visual anchors.
Allow self-seeding (dynamism) using a competitive static plant to prevent self-seeders from taking over: Aruncus to control self-seeding Angelica.
Sustainable plant communities based on selection (plants chosen for their suitability to the soil conditions and matched for their competitiveness) and proportions (balance ephemeral plants with static forms and combinations such as clumpforming perennials that do not need dividing: 20% ephemeral, self-seeding plants, 80% static plants) of the different species, dependent on their flowering season (a smaller numbers of early-flowering perennials, from woodland edges, which will emerge to give a carpet of green in the spring and will be happy in semi-shade later in the year, followed by a larger proportion of the taller-growing perennials which keep their form and seed-heads into the autumn and the winter).
Year-round interest and a naturalistic intermingling of plant forms.
Ecological compatibility in terms of plants suitability to the site and plants competitive ability to mach each other.
Working with seed mixes and randomly planted mixtures.
Perennials laid out in clumps and Stipa tenuissima dotted in the gaps. Over the time the grass forms drifts around the more static perennials and shrublike planting while the verbascum and kniphofia disperse naturally throughout the steppe.
Accents: Select strong, long lasting vertical forms with a good winter seed-heads. Select plants that will not self-seed, unless a natural dispersion model is required.
Planes: if designing a monoculture or with a limited palette, more competitive plants may be selected to prevent seeding of other plants into the group.
Drifts: to create drifts of naturalistic planting that are static in their shape over time use not-naturalizing, not self-seeding, not running plants.
Create naturalistic blocks for the seeding plants to drift around. For the static forms select plants that do not allow the ephemerals to seed into them.
Blocks: use not-naturalizing species, in high densities, in large groups.
Select compatible plants of similar competitiveness to allow for high-density planting (to enable planting at high density in small gardens).
Achieve rhythm by repeating colours and forms over a large-scale planting.