Un
college inglese di garden design non puo' quindi non percorrere le
due vie parallele dello studio teorico e di quello pratico, il solo
modo capace di insegnare quanto il fatto che le piante siano "materia
viva" apra al disegno prospettive non immaginabili altrimenti.
A
due mesi dall'inizio del college, mentre per un intero pomeriggio ero
impegnato a pacciamare un giardino, mi sono domandato piu' volte
perche' stessi facendo quello che stavo facendo sotto la pioggia di
novembre e per nulla volendo fare il giardiniere nella mia vita.
Provenivo da una facolta' di architettura e la Forma non aveva mai
avuto nulla a che vedere con il compost che stavo maneggiando, fatto
di materia organica di varia natura, che ci insegnavano a mettere
alla base delle piante appena potate facendo attenzione che la base
dello stelo non venisse coperta cosi' da evitare lo sviluppo di
funghi a causa dell'umidita'... cose belle, mi accorgevo... cose che
davano un senso di "racconto" al giardino e che, in
effetti, mi prendevano ogni giorno di piu' e vincevano la fatica di
trovarci un senso.
Scoprivo
l'ironia inglese di giocare con la materia viva e mutabile delle cose
grazie alla quale un giardino offre mille possibilita'
all'invenzione, ma non transige sul rispetto secolare delle dinamiche
naturali in un isola con pochissime risorse che devono durare a
lungo.
Ancora
piu' importante scoprivo un'ironia del disegno ovvero una prospettiva
insolita che si apriva al disegno come lo avevo conosciuto fino ad
allora ed era la capacita' di surfare che il disegno acquista nel
modularsi sulle variazioni del terreno oppure sui mutamenti climatici
e, perche' no, sulla poca memoria degli scoiattoli che ogni inverno
dimenticano dove hanno nascosto i semi di ippocastano e l'albero che
nasce non sospetto diventa il fulcro di un nuovo progetto. Il disegno
diventava inseparabile dalla pratica che il giardino insegnava, la
pratica conoscenza del funzionamento del suolo e delle piante.
"...
Dipingi quando pianti e quando lavori progetta...", siamo nel
'700 ed e' la riga piu' bella della lettera scritta al Duca di
Burlington dal poeta inglese Alexander Pope. Sta parlando di
un'educazione all'ascolto che la Natura dei luoghi richiede a noi che
in essa vogliamo metter piede o matita, in un chiasmo che tiene
insieme percezione estetica e sapere pratico per raggiungere il
dialogo piu' intimo con il luogo in cui il progetto vuole cominciare.
Se
non si conoscono i fondamenti di una lingua non si puo' parlare in
quella lingua ed il disegnare con elementi vivi come il suolo e le
piante e' una lingua che si impara in giardino.
Potrebbe andare come introduzione ad un corso di giardinaggio.
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