Tanta fatica per zappare, rovesciare la terra e rastrellare porta alla gioia suprema della scelta delle piante da mettere a dimora. E' quando si sospende il tocco e caparbiamente non mi metto neppure per sogno a progettare. E' troppo raccolto questo nascente giardino (che come ormai si sa e' stato chiamato rettangolo) perche' io mi metta a disegnare dove mettere le piante e quali piante. Per queste piccole dimensioni delle aree libere, puntiformi come gli spazi che gli arbusti e gli alberi mi lasciano liberi, ho decisamente voglia solo di immaginare che qui ci starebbero erbe alte, certo c'e' un po' troppa ombra, pero' questa, questa pure e quest'altra ancora possono reggere la semi-ombra. "Questa" e' l'Anemanthele lessoniana, arancio-rosa d'autunno su base verde-giallo, cosa per la quale sospirare a lungo, "questa pure" e' la Calamagrostis x acutiflora 'Karl Foerster', alta, chiara e di seta ed infine "quest'altra" e' la Descampsia caespitosa 'Goldtau'... ... aria e luce che attraversa.
Un rettangolo di alberi, arbusti e erbe alte. Perche' no. Dico "perche' no" in quanto un possibile giardino boschivo come sarebbe la vocazione di cio' che mi trovo tra le mani, almeno per il tipo di piante che vi dimorano, non ha nulla a che vedere con le graminacee, le erbe come le ho chiamate, mutuandone il nome dall'inglese grasses che mi piace di piu' di "graminacee", forse perche' la mia citta' paga un debito alle fatiche della vita contadina in cui la gratuita' ed inutilita' del fare un giardino a fatica riesce a riscattare il proprio diritto di esistenza.
E se non ci stanno filologicamente (con mente filologica) e neppure ecologicamente (con mente ecologica) ci stanno pero' d'incanto: sono intervalli, le erbe sono gli intervalli, i segni d'interpunzione, sono i trattini, le virgole, i punti e virgola della paratassi che il giardino che piu' mi piace e'. Ma allora tradisco tutto cio' su cui baso il mio fare giardini, il loro essere ecological-planting-design?!
Se anche cosi' fosse (e non lo e') preferisco seguire la mente che si incanta, lascia lo studio ed il luogo e vola, ma in verita' non tradisco alcunche'. L'ecologia e' custodita nel rispetto delle condizioni di semi-ombra in cui le mie erbe sono a loro agio e la filologia, invece, e' quella che segue la necessaria contrapposizione di due paesaggi, l'uno reale, del margine boschivo e l'altro di sogno, della trasparenza color miele che il verde-marrone di tronchi ed arbusti sembra a volte necessitare, cosi', per pausa e levita'.
E' la filologia del rispetto delle cose viste, che si moltiplicano e giustappongono diventando grammatica personalissima, ma in verita' neppure cosi' personale, forse meglio dire corale seppur anche personalissima. Una filologia condivisibile presso i tanti paesaggi che ognuno di noi ha nella propria mente educata alla diversita', filologia tale da comporsi, articolarsi, emergere e riassorbirsi, per poi ogni tanto dare origine all'immagine sorprendente di un paesaggio d'affezione, anche solo sognato, che accoglie tutti i paesaggi e da nessuno di essi si lascia racchiudere.
E' dunque una filologia, questa, della mente educata, in cui erbe e bosco stanno insieme, educatamente.
E se non ci stanno filologicamente (con mente filologica) e neppure ecologicamente (con mente ecologica) ci stanno pero' d'incanto: sono intervalli, le erbe sono gli intervalli, i segni d'interpunzione, sono i trattini, le virgole, i punti e virgola della paratassi che il giardino che piu' mi piace e'. Ma allora tradisco tutto cio' su cui baso il mio fare giardini, il loro essere ecological-planting-design?!
Se anche cosi' fosse (e non lo e') preferisco seguire la mente che si incanta, lascia lo studio ed il luogo e vola, ma in verita' non tradisco alcunche'. L'ecologia e' custodita nel rispetto delle condizioni di semi-ombra in cui le mie erbe sono a loro agio e la filologia, invece, e' quella che segue la necessaria contrapposizione di due paesaggi, l'uno reale, del margine boschivo e l'altro di sogno, della trasparenza color miele che il verde-marrone di tronchi ed arbusti sembra a volte necessitare, cosi', per pausa e levita'.
E' la filologia del rispetto delle cose viste, che si moltiplicano e giustappongono diventando grammatica personalissima, ma in verita' neppure cosi' personale, forse meglio dire corale seppur anche personalissima. Una filologia condivisibile presso i tanti paesaggi che ognuno di noi ha nella propria mente educata alla diversita', filologia tale da comporsi, articolarsi, emergere e riassorbirsi, per poi ogni tanto dare origine all'immagine sorprendente di un paesaggio d'affezione, anche solo sognato, che accoglie tutti i paesaggi e da nessuno di essi si lascia racchiudere.
E' dunque una filologia, questa, della mente educata, in cui erbe e bosco stanno insieme, educatamente.
Tra una cosa e l'altra, andata e ritorno, discesa e salita, il pensiero e la scelta, ricordo e presente, tra una cosa e l'altra c'è sempre un piccolo comitato di festeggiamenti in piazza che arrostisce castagne. Così sotto a un cielo che non promette pioggia e non promette neve, ma promette bene, io aspetto l'incanto d'inverno ascoltando dappertutto un certo crepitio. E tra nascita e rinascita si aprono gli involucri protettivi, la luce passa attraverso.
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