Il candore dei ritratti musivi dell'imperatore bizantino era una scelta ideale che vinceva sull'identita' tra l'immagine di se' allo specchio e la sua rappresentazione alla parete. Altra idea d'esattezza rispetto al piacere del realismo dei 10 tasselli per centimetro quadro dei ritratti romani in Turchia di qualche secolo prima. Un'idea dunque che vuole essere lasciata ai posteri piu' forte del proprio volto quale poteva essere visto sul foglio d'argento lucido.
Allora il proprio volto viene affidato alla consacrazione di cio' che esso custodisce e porta di piu' grande dei suoi stessi tratti, un volto trasfigurato per il quale cio' che e' essenziale non e' somigliare, ma manifestare. Allora il volto si affida alla sacralita' di cui esso vuole essere portatore e manifestazione.
L'imperatore affida il proprio essere imperatore a cose ineffabili. E la rappresentazione dell'ineffabilita' e' una vera sfida. Rappresentare diventa la creazione della condizione di possibilita' che cio' che si vuole vedere si manifesti. La rappresentazione e' una preparazione all'ascolto ed essenzialmente puo' affidarsi solo alla luce ed all'aria che passano per il volto dell'imperatore, per le sue vesti. La luce in cui ogni apparizione dimora.
La somiglianza da ricercare e' non rispetto alla persona, bensi' rispetto alla sua anima. L'oro e' uno specchio che si e' fatto diafano, che si e' posto davanti al volto quasi ad accarezzarlo, non piu' specchio di metallo in cui specchiarsi, ma luce, scoperta e custodita quale materia stessa di cui si e' fatti, nella quale il volto si rinnova e diviene eterno. Non piu' volto ed immagine riflessa, non piu' distanza.
Quelle sfumature, ora sommerse dalle acque del bacino di una diga, mi rimandano alla luce calma dell'imperatore. E mi rassereno.
Una forza trasfigurante soltanto puo' superare la tenacia con la quale il sentimento terreno sosta nel mondo. Quel sentimento che non sa lasciare l'immagine del volto e la segue e vorrebbe fondersi ad essa senza accorgersi che cosi' ci si perde. Questo tenace senso che tiene stretto l'uomo alle cose care, allora, si stempera nella luce di qualcosa che dal profondo illumina il volto. Ed allora si possono lasciare le somiglianze e si puo' lasciare che vengano sommerse dalle acque delle dighe senza perdersi, senza troppo starci male (laggiu', nel silenzio dell'acqua che fa blu il deserto, le sfumature sono tornate al loro passato).
Il verde dei mosaici sulle pareti delle chiese bizantine e' un giardino verticale.
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