Leon Battista Alberti e lo scalpellino di Ferrara .135

Leon Battista Alberti vedeva fluttuare segni latini in un mare indistinto. Era l'occhio dei Bizantini giunto in Italia veicolando Roma dall'Oriente dove la lingua del fare architettura aveva una lunga continuita' sia tecnica che sintattica.

   Nel '400 emergono elementi che avevano attraversato il mare e che si erano trasformati nelle infinite possibili variazioni dei secoli tra Bisanzio e Firenze. Un po' come il RAP nepalese cantato da ragazzini con gli iphone che non prendono alcun segnale, lassu' sulle pendici dei monti piu' alti della Terra, ma suonano la musica.

   I maestri scultori discendenti del quasi-vuoto lasciato dalla peste del '300 con il sapere millenario quasi spazzato via, avevano negli occhi una liquidita' delle forme incredibile. Ed e' qui che Leon Battista Alberti necessita di una lingua perche' l'espressione deve stare entro una lingua per poter comunicare e dunque avere possibilita' di sopravvivere e dignita' di esistere. Ecco che la consuetudine del parlare diventa il presente vivificante dell'espressione, la dimora della lingua, l'identita' presente di colui che si esprime.

   Si rintracciano, con un enorme sforzo di invenzione filologica, regole sintattiche per tutti gli elementi grammaticali che stavano fluttuando attraverso i secoli nelle architetture prive di tempo.

   La Cattedrale di Ferrara e' questo arcipelago delle forme e me ne sono reso veramente conto questa mattina passando in rassegna ogni singolo elemento come non avevo mai fatto, con un bicchiere di latte macchiato (non dico non l'avessi mai fatto senza bicchiere...).

   La Chiesa costruiva il dominio sulle coscienze con l'invenzione della paura e della salvezza e lo faceva edificando le proprie strutture fisse con pietre che erano quanto di meno certo e quanto di piu' fluttuante si potesse mai immaginare. Buffo no?

   La liberta' espressiva degli scalpellini, che sembrano venire dallo Spazio per capacita' d'invenzione, ha un portato che poteva, se letto con gli occhi di oggi, fessurare le fondamenta della Chiesa. E non solo agli occhi di oggi.

   Pero' allora il problema di alcuni grandi era tenere insieme le cose che si sfrangiavano. Leon Battista Alberti per un certo verso e' piu' spaventato di un qualsiasi scalpellino delle colonnine della cattedrale di Ferrara. E' una paura pero' matura che cerca figure che arginino, che diano non certezze, ma strumenti di costruzione progressiva. Un imparare a riparare la nave mentre si naviga, una di quelle naviculae che l'uomo e', a volte, in grado di costruire.

   Chissa' se agli occhi di Alberti Ferrara apparisse disorientata. Forse invece interessantissima, come ogni lavoro in corso. Capitelli bellissimi e diversi fra loro, per figura e concetto, capaci di essere variazione dello stesso tema, su cui pero' si impostano archi senza mediazione alcuna, cosa gia' totalmente out da mo'. Era, appunto, un occhio raffinatissimo che si permetteva invenzioni grammaticali, senza capacita' di articolazione sintattica. Un po' come facevo io appena arrivato a Londra quando usavo termini osando e vuoi caso il latino d'origine comune li rivelava quali termini colti di cui l'interlocutore si meravigliava... poi, pero' le frasi non andavano da nessuna parte. Non comunicavo.

   Questa e' l'infanzia di Ferrara, il suo non comunicare in una lingua condivisa dell'architettura. Troppo vaga ancora, con le sue splendide paraste a grottesche che parlavano Latino applicate a strutture che parlavano Tedesco. Pero'... anche la sua ricerca, il suo farsi spazio tra le forme e la curiosita' ed il coraggio di duchi con le loro maestranze.

   Se pensiamo pero' che contemporaneamente aveva luogo l'immane fatica di Alberti tutto cio' forse puo' far pensare che a Ferrara andasse bene cosi', senza tanta ricerca, semplicemente perche' tali forme in fondo piacevano cosi', poco importa da dove venissero. 

   Dato il mio amore per Alberti e data la ricchezza d'intenti e di volonta' del meglio espressa dalla corte Estense per se', questa indeterminatezza nella sua architettura mi parla di provincia dell'animo. O forse manifesta un preciso voler mantenere la propria identita' urbana in un'ostentata autonomia che entra in tangenza con l'eccentricita'... un po' come avere cavalli fluorescenti nei dipinti.

   Mi sono sempre chiesto dove saremmo arrivati se non ci fosse stato l'occhio alato di Alberti. Magari saremmo stati arabizzati dal meraviglioso linguaggio astratto delle loro forme, arrivato fino dentro il marmo rosa degli archetti ferraresi a piegarli in archi strani ai nostri occhi che diventano carene di nave e portano una sfera chiara e certa: no rappresentazione, no teatro, solo geometria e luce, tanta luce... e giardini.

   Gia' perche' questo e' un blog di giardini, non di architettura e di giardini gli Estensi se ne intendevano. Erano il loro manifesto, ma quale architettura! Cannoni e fiori (non nel senso giusto) questo e' il vero potere.

   I giardini si sono volatilizzati, tornati alla terra e le colonne che li incorniciavano sono ovunque, utilizzate di nuovo per le vie della citta', di nuovo vivi i loro capitelli colti e confusi. (Ma quanto l'amo questa citta'?!)

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"garden me" / A writing about a wished frontier for the natural gardening

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Ecological Planting Design

Ecological Planting Design

Drifts / Fillers (Matrix) / Natural Dispersion / Intermingling with accents/ Successional Planting / Self seeding
What do these words mean? Some principles of ecological planting design. (from the book: "A New Naturalism" by C. Heatherington, J. Sargeant, Packard Publishing, Chichester)
Selection of the right plants for the specific site.
Real structural plants marked down into the Planting Plan. The other plants put randomly into the matrix: No. of plants per msq of the grid, randomly intermingling (even tall plants). Succession through the year.
Complete perennial weed control.
High planting density. Close planting allows the plants to quickly form a covering to shade out weeds.
Use perennials and grasses creating planting specifications that can be placed almost randomly.
Matrix: layers (successional planting for seasonal interest) of vegetation that make up un intermingling (random-scattering) planting scheme: below the surface, the mat forming plants happy in semi-shade, and the layer of sun-loving perennials.
Plants are placed completely randomly: planting individual plants, groups of two, or grouping plants to give the impression of their having dispersed naturally. Even more with the use of individual emergent plants (singletons) that do not self-seed, dispersed through the planting.
An intricate matrix of small plants underscores simple combinations of larger perennials placed randomly in twos or threes giving the illusion of having seeded from a larger group.
The dispersion effect is maintained and enhanced by the natural rhythm of the grasses that give consistency to the design. They flow round the garden while the taller perennials form visual anchors.
Allow self-seeding (dynamism) using a competitive static plant to prevent self-seeders from taking over: Aruncus to control self-seeding Angelica.
Sustainable plant communities based on selection (plants chosen for their suitability to the soil conditions and matched for their competitiveness) and proportions (balance ephemeral plants with static forms and combinations such as clumpforming perennials that do not need dividing: 20% ephemeral, self-seeding plants, 80% static plants) of the different species, dependent on their flowering season (a smaller numbers of early-flowering perennials, from woodland edges, which will emerge to give a carpet of green in the spring and will be happy in semi-shade later in the year, followed by a larger proportion of the taller-growing perennials which keep their form and seed-heads into the autumn and the winter).
Year-round interest and a naturalistic intermingling of plant forms.
Ecological compatibility in terms of plants suitability to the site and plants competitive ability to mach each other.
Working with seed mixes and randomly planted mixtures.
Perennials laid out in clumps and Stipa tenuissima dotted in the gaps. Over the time the grass forms drifts around the more static perennials and shrublike planting while the verbascum and kniphofia disperse naturally throughout the steppe.
Accents: Select strong, long lasting vertical forms with a good winter seed-heads. Select plants that will not self-seed, unless a natural dispersion model is required.
Planes: if designing a monoculture or with a limited palette, more competitive plants may be selected to prevent seeding of other plants into the group.
Drifts: to create drifts of naturalistic planting that are static in their shape over time use not-naturalizing, not self-seeding, not running plants.
Create naturalistic blocks for the seeding plants to drift around. For the static forms select plants that do not allow the ephemerals to seed into them.
Blocks: use not-naturalizing species, in high densities, in large groups.
Select compatible plants of similar competitiveness to allow for high-density planting (to enable planting at high density in small gardens).
Achieve rhythm by repeating colours and forms over a large-scale planting.